Lei, lui e il noce | Il noce, Mastro T e una libreria.

 

Doveva essere solo una vacanza, invece fu un viaggio destinato a cambiare i connotati della sua quotidianità. Lei era ancora una ragazza quando dalla gigantesca Londra finì in un piccolo centro dell’entroterra marchigiano, lì decise di restare e di mantenersi insegnando la propria lingua. Affittò una casa in campagna ricoperta dall’edera e ogni giorno scarrozzava con la sua Cinquecento rossa su e giù per la collina per andare in paese. Una volta si presentò un coetaneo che voleva perfezionare il suo inglese e poco dopo quel suo studente divenne suo marito. Poi arrivarono due bambine. La famiglia si comprò la casa con l’edera e all’ombra di un noce trovava riparo dalla calura godendosi la quieta estiva.

Un noce imponente ma vecchio, dal tronco ricurvo. Arrivò il momento in cui dovettero abbatterlo, tuttavia decisero di non disfarsene. Del noce restarono solo delle tavole lasciate al sole e al gelo, una stagione dietro l’altra fin quando…

…fin quando la coppia pensa bene di farle entrare in casa. Allora interviene Mastro T che prende le tavole, le seleziona, le lavora e infine le unisce una all’altra soltanto tramite legature e incastri eseguiti a mano.

Il fu un noce. Ora è una libreria.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Noi siamo alberi e gli alberi sono uomini” | Mastro T e Mauro Corona

 

E così nel bosco, proprio come nella società, sembra che ci siano i buoni e i cattivi, gli umili e gli arroganti, i lavoratori e gli scansafatiche, i belli e i brutti. Per lo meno così risulta passeggiando con Mauro Corona tra gli alberi di Erto.

Corona ci racconta delle piante che popolano il suo bosco e ce ne parla come se stesse parlando di amici e nemici di lunga data. Attraverso le sue parole scopriamo che ogni albero ha un corpo e un carattere, un’attitudine. Inoltrandoci insieme a lui incontriamo l’acero, all’apparenza forte e sicuro di sé invece fragile e con la tendenza a farsi dominare. Il maggiociondolo che si piega e vive di stenti, contento del poco di cui dispone; schivo e riservato ma basta che gli tendi la mano e lui è pronto ad afferrarla per non lasciarti cadere. La betulla: alta, elegantissima, diritta. Basta un soffio di vento e inizia a ondeggiare richiamandoti a ballare insieme a lei. Fragile eppure con una forza di volontà e una resistenza insospettabili. I filari di faggi sono la grande umanità del mondo, la folla, la massa: la fabbrica funziona perché ogni mattina ci sono loro a timbrare il cartellino, i lavoratori coscienziosi. Umili, semplici e di cuore. Come potrebbe vivere una società soltanto con il timido maggiociondolo o con la raffinata betulla o con il duro ma vulnerabile acero? Poi c’è il tasso che non chiede mai nulla, che nato con la camicia non ha bisogno di mendicare attenzione. È un albero fortunato ma delicato, non adatto alla fatica e alla sofferenza. Il nocciolo è uno spilungone ben vestito che quando lo vedi ti da l’idea del furbetto che non vuole fare nulla, la fatica lo spaventa a tal punto che rifiuta persino di crescere e diventare grosso. Al pari di tutti i vili e i fannulloni si fa forte nel branco, per questo cresce insieme agli altri noccioli formando delle combriccole. Il carpino, il solitario che ama contemplare l’orizzonte; simile all’ulivo per le forme contorte ma, mentre “l’ulivo esprime e lascia vedere le tribolazioni”, il carpino trattiene tutto il dolore dentro di sé. Se il più testardo è il carpino, il più sfortunato è il pioppo: appartiene alla “schiera dei disgraziati”, quelli che non solo non hanno pregi ma nemmeno la salute, che vivono aspettando che la morte vada a prenderli. Ed è “con la morte che avviene il riscatto: stritolato dalle macine e pressato il pioppo si trasforma in carta per offrire rifugio alle parole”. La muga, o pino mugo, è la cattiva per antonomasia; “subdola di natura, cresce falsa e disonesta ed è anche rompiscatole. A differenza dell’agrifoglio che tiene per sé la cattiveria, lei la dispensa a piene mani al prossimo”. Come i noccioli e i sambuchi, anche lei prende forza dal branco. L’agrifoglio è superbo, non vuole diventare vecchio e non vuole essere avvicinato, vuole solo essere ammirato. Mentre l’agrifoglio mostra subito la sua cattiveria, il sambuco, “gracile e inutile ma con progetti ambiziosi e violenti”, la nasconde come qualsiasi meschino. L’acacia è durissima, taciturna, solitaria anche se in gruppo, burbera e inattaccabile. Ci sono legni che resistono finché non vengono spaccati e soccombono, altri invece che pur di vivere preferiscono piegarsi. Un albero che non si rompe mai è il viburno, il saggio che la sa lunga e che da buon opportunista si piega per non farsi spezzare. La calma dell’abete bianco è solenne e “tutti gli alberi, anche i più invidiosi e cattivi, lo accettano nel ruolo di grande controllore e padre”. È un giudice di pace sereno e dalla grande sensibilità, che consapevole della fallacia dell’animo cerca sempre il lato buono in ognuno dei suoi simili esercitando l’autorità senza arroganza. Il noce è un buon albero ma sempliciotto e vanitoso. Era un albero normale con qualche bel pregio finché qualcuno notandolo non lo ha reso potente e celebre, al punto che è ormai impossibile fermare la sua ascesa arrogante. L’opposto del noce per stile e carattere è il larice: l’amico, il fratello maggiore. Il pino sa sempre come aiutarti ma è vulnerabile e bisogna proteggerlo: “lui ti aiuta nel bosco ma pretende protezione e vuole stare dentro casa, altrimenti si rovina”. Poi ci sono piante che sono emigrate dal bosco per trasferirsi in città, alla ricerca del benessere. Come il ciliegio, il pero e il melo. Buoni d’animo e dal temperamento mite, rappresentano gli affetti e le cose buone della vita. Il tiglio è quasi fratello del pioppo ma meno disgraziato. Per uscire dalla sua misera condizione ha voluto esagerare e siccome non è un raffinato è caduto nella trappola della banalità: crede che basta spruzzarsi tanto profumo quando arriva la primavera per cambiare la propria origine. Maleducato, si fa strada alzando la voce, spingendo e sgomitando. Non conosce il rispetto per il prossimo e, come tutti i falsi, “quando incontra l’abete bianco china la testa e diventa servile per poi sfogarsi con i più deboli”. Quanta differenza tra il tiglio e il cirmolo, eppure profumano entrambi. All’apparenza ombroso e taciturno, il cirmolo possiede un’indole buona che nasconde nel quieto vivere. La quercia è la massaia, la donna che ha cresciuto la famiglia e poi si è rilassata. “Alta, grossa e sempliciotta. Non ha picchi di emozioni e sta lì a registrare gli avvenimenti che riferisce con bigotteria e quel senso dello scandalo tipico di chi non può commettere certi peccati”. L’ulivo non è un albero del bosco. È lo straniero, l’esotico. “Un albero nobile, bello e disperato che cresce nutrendosi di un dolore antico che lo deforma e lo contorce in curve impressionanti”.

Forse, se facessimo silenzio e imparassimo a osservare, anche noi riusciremmo a sentire le voci del bosco, a riconoscerle. Impareremmo a deporre l’accetta. Riusciremmo ad apprezzare l’abete e a ridimensionare il noce.

E il rovere? Di sicuro è un gran intenditore di vini, ma cosa ci direbbe?

 

I mobili e i fiori | Mastro T, l’Ikea e Sergio Endrigo

Volete arredare le vostre case con stile senza spendere troppo e senza farvi troppe domande? Andate all’Ikea. Se invece volete una casa che abbia personalità e vivete facendovi domande, allora andate da un artigiano creativo.

Volete mettere?

Immaginatevi di voler arredare un bagno, il vostro. Perché renderlo uguale a tanti altri? Perché non personalizzarlo e non farsi costruire dei mobili su misura che siano tagliati sulle vostre esigenze e realizzati con legno vero seguendo il metodo costruttivo di una volta, di quando i falegnami prendevano le tavole per piallarle, segarle e poi assemblare i vari pezzi usando gli incastri e le guide in legno?

Riuscite a sentirlo l’odore del legno e della segatura? Riuscite a vederle le mani di questi artigiani che con maestria creano un mobile a partire da una tavola?

Per fare un tavolo non ci vuole solo un fiore ma anche arte e abilità.

“Sì, ma quanto costeranno?”, vi chiederete. Vi spaventa forse il prezzo? Considerando che un bagno si utilizza nel momento del bisogno non dovreste badare a spese! Tranquilli però, se chiamate Mastro T scoprirete che si possono avere ottimi mobili a prezzi buoni. Scommettete?

 

 

 

C’era una volta una botte | Mastro T e il riuso

C’era una volta una vigna in un campo scosceso baciato dal sole, c’era una cantina con dentro tre botti di rovere vecchie decenni e c’era un contadino che ogni anno le riempiva. C’erano il piacere di potare le viti, il verderame delicato sui pampini, le imprecazioni contro la grandine o quando qualcosa non andava come sarebbe dovuto, poi c’era la raccolta festosa. C’erano cassette traboccanti di uva e api-vespe-e-moscerini tutt’intorno. C’erano i piedi dei bambini nella vasca, c’erano il torchio e il tino. C’era il mosto, tre botti di rovere e infine il vino.

E ora?

Ora non c’è più la vigna né il contadino ma ci sono tre botti di rovere ancora rosse di vino. C’è una collaborazione: l’idea di Altrochebacco di trasformarle in poltrone, Mastro T che ne esegue l’operazione e Il Tappezziere di Mercuri che riveste di pelle braccioli e seduta di quelle poltrone.